America delle mie brame...Investire si può, ma niente improvvisazione
Esperienza! Affidabilità! Competenza!
Lo sbarco in America continua ad essere il sogno di molti imprenditori e di molte catene di ristorazione commerciale italiane. Ma quanti realmente ci sono riusciti? Il caso delle catene di pizzerie a Miami può far riflettere.
Si parla del valore della cucina italiana nel mondo e della grande opportunità che gli imprenditori italiani hanno nello sviluppare questo business internazionalmente. Nella fascia alta soggetti come Cipriani, Paper Moon, e a suo modo Eataly, hanno fatto scuola, crescendo come “destination” nelle città principali.
Nello specifico gli USA sono visti come un’opportunità enorme anche da parte degli operatori di casual dining come le catene di pizzerie.
Vediamo innanzitutto i lati di maggiore interesse. Il ticket medio per un piatto è almeno il doppio che in Italia. Il costo del personale in Italia viaggia nell’intorno del 35-40% del venduto mentre in USA è generalmente sotto il 25% grazie alla modalità di pagamento del personale attraverso le “tips”, pressoché obbligatorie minimo del 17% del venduto e che non impattano sull conto economico delle “compagnie”, per non parlare della facilità con cui si può lasciare a casa un dipendente. Una catena logistica che ormai permette di avere in città come New York o Miami prodotti italiani originali con una tempistica ed un costo quasi paragonabili a quelli continentali. La replicabilità del formato che permette di immaginare delle espansioni geografiche importanti in tutti gli USA.
Nella sola Florida Mcdonald’s ha oltre 870 ristoranti, più di quanti non ce ne siano in Italia e che le tre catene di pizzeria più rilevanti Domino’s, Pizza Hut e Papa John’s insieme nel solo stato della Florida contano più di 1.000 ristoranti. (NDR Gli abitanti della Florida sono 22Mn).
Una pizzeria a Miami può viaggiare nell’ordine dei 2-3M$ di fatturato con uno Store EBITDA superiore al 25% ed una replicabilità infinitamente più ampia di quella possibile in Italia, ma anche in Europa. E’ probabilmente per questo che nei business plan di molte catene con ambizione internazionale compare spesso l’espansione USA come chiave di volta del successo. Ma quanti veramente ci sono riusciti?
Il mercato delle pizzerie a Miami, e nella Florida, è probabilmente lo specchio della realtà degli USA. Negli ultimi 20 anni ci hanno provato in tanti. La prima ad entrare su Miami Beach è stata Fratelli La Bufala, con la sua location di Washington Avenue, tra i primi forni a legna sull’isola, e ormai diventata un “perennial” grazie alla lunga storia e alla fedeltà al format iniziale. Poi sono arrivati altri marchi più o meno noti con catene che hanno provato a valorizzare sia il pubblico italiano spesso in vacanza in quelle località, ma più in generale la passione per la pizza e la pasta che in Florida è forte come in tutti gli Stati Uniti. Miami come trampolino per gli USA.
La lista di brand (ed imprenditori) italiani che hanno aperto pizzerie in Florida, è lunga: Rosso Pomodoro, Piola, Fresco, Spris, Regina Margherita, Pummarola, Bellillo, Sorbillo, annunciata da un po' anche l’apertura di Frà Diavolo. Anche i nuovi marchi emergenti di pizzerie nei loro business plan presentati ai potenziali finanziatori non può mancare una “bandierina” a Miami.
La realtà è che non molti sono riusciti a sfondare o almeno a resistere, e quasi nessuno è riuscito a creare veramente una catena nella connotazione ambita di decine se non centinaia di punti vendita.
Il puto è che il mercato americano è molto diverso. Analizziamone alcuni fattori
Innanzitutto il prodotto. La passione del prodotto italiano è sincera, ma i gusti sono in realtà diverse e voler esportare un prodotto originale e fedele alla tradizione italiana non è sempre la scelta giusta. Ancora i piatti più richiesti sono “Fettuccini Alfredo” o “Spaghetti with Meatballs”, che un cultore della cucina nostrana vieterebbe per definizione, per non parlare dell’uso di “frutti esotici” sulla pizza.
In seconda battuta la scala. Un locale che fatturi meno di 3-4M€ all’anno non è neppure considerato tale. Il modello americano è per realtà decisamente più grandi che supporta da un lato gli stipendi, un Restaurant Manager a Miami prende dagli 80.000$ a salire, evidentemente con una grande componente variabile, dall’altro la professionalità di tutto il personale e delle “compagnie” in generale.
C’è poi da tenere in considerazione la durezza del business che è figlia della semplicità di come si conduce il business negli USA. Un esempio fra tutti il “three days notice” è la regola per la quale uno sfratto esecutivo avviene con il semplice ritardo di 3 giorni sul pagamento dell’affitto. Questo rende il business molto più fluido rispetto al modo in cui le stesse pratiche si svolgono in Italia.
Elemento critico è districarsi nelle regole dell’immigrazione che permettono di portare professionalità dall’Italia e mano d’opera dal Sud America, ma solo se si conoscono le meccaniche dell’immigrazione e ci si sa districare tra i professionisti del settore.
L’aspetto del costo immobiliare è anche un elemento da tener presente. I contratti commerciali oltre ad essere decisamente più costosi a metro quadro, hanno un’indicizzazione che generalmente ha un minimo aumento annuo del 3.5% a prescindere dall’inflazione e che in anni più recenti è andata ben oltre. Questo implica una forza finanziaria che la maggior parte degli attori italiani oggi non ha. Peraltro, il sistema bancario USA non è particolarmente favorevole agli investitori stranieri, e anche quando si ha accesso al credito, i tassi di interesse sono molto superiori a quelli italiani.
Il tema di entrare in una “lega diversa” lo si capisce subito, e bisogna appunto fare i conti con realtà con una velocità diversa. Le catene nascono e si sviluppano, anche grazie a soggetti finanziari come fondi di Private Equity pronti a finanziare espansioni lampo.
E’ il caso di Maman, boulangerie stile francese nata a New York nel 2017 che forte del supporto di un fondo di Private Equity specializzato nel segmento Food, nell’arco del 2024 conta di aprire nella sola Miami oltre 10 punti vendita diretti. Questa è l’America.
A conferma della complessità del mercato, delle tante catene che hanno aperto a Miami negli ultimi anni, quasi tutte dopo qualche anno hanno scelto di lasciare il mercato, sono veramente poche quelle che possono vantare di essere diventate un’icona del mercato locale, come è giusto che un brand italiano dovrebbe puntare a fare.
Il messaggio però non è di evitate gli USA, ma pur non essendoci una ricetta unica per avere successo in America è fondamentale rendersi conto che non basta essere italiani per avere successo. Occorre avere un team locale solido composto di risorse interne ma anche un pool di professionisti esterni che sappiano affrontare le diverse tematiche di prodotto, di operations, legali, immobiliari, e sicuramente di marketing locali. Un team che sia lì per rimanere e non solo per mettere una bandierina e passare alla prossima geografia. Il rischio è che l’avventura americana, se non dovesse andar bene, possa trascinare a fondo il resto del business.